Dōjō Kun
Wado Waza Karate accoglie e fa propri gli articoli dello Statuto del Budō e della Dichiarazione universale dei diritti umani. I nostri praticanti sono tenuti a rispettare i diritti, la dignità e il valore di tutti a prescindere da genere, nazionalità, provenienza, etnia, condizione fisica, sociale ed economica, convinzioni politiche e religiose, identità di genere e orientamento sessuale.
La puntualità è fondamentale. Dobbiamo arrivare a lezione con sufficiente anticipo per avere il tempo di cambiarci ed essere pronti a iniziare l’allenamento all’orario prestabilito. Quando per motivi di forza maggiore arriviamo in ritardo, a lezione già cominciata, dobbiamo attendere diligentemente sulla soglia, finché l’istruttore non ci accordi il permesso di entrare.
Prendiamoci cura del karategi, che dev’essere sempre pulito e ordinato. Indossiamolo correttamente, e allacciamo la cintura facendo un nodo preciso, con i lembi di uguale lunghezza. Curiamo sempre l’igiene personale, con particolare riguardo alle unghie dei piedi e delle mani, che devono essere corte per l’incolumità di tutti. Sempre per motivi di sicurezza, durante l’allenamento è vietato indossare orecchini, piercing, collane, cavigliere, braccialetti e orologi.
Ogni praticante, insieme al maestro e ai suoi collaboratori, quando è necessario è tenuto a contribuire sia alla pulizia del dōjō, sia al montaggio e allo smontaggio del tatami. Si tratta di momenti importanti di mutuo servizio, collaborazione e cura del dōjō che sono a tutti gli effetti parte integrante della pratica marziale.
Il dōjō va considerato un luogo sacro. Gli allievi si rivolgono all’istruttore con l’appellativo di sensei (maestro) e ai suoi aiutanti con quello di senpai. Ogni volta che entriamo o usciamo dalla sala dobbiamo rivolgere un inchino al kamiza (il lato con le insegne dello stile). All’inizio e al termine della lezione di karate, subito dopo gli esercizi di riscaldamento, è previsto il cerimoniale di saluto: è importante mantenere un atteggiamento concentrato e meditativo durante questo rituale. All’inizio e al termine di un esercizio di coppia o di un combattimento, ricordiamoci di ringraziare sempre il compagno o l’avversario con un inchino.
I cellulari devono essere spenti o silenziati per tutta la durata dell’allenamento (salvo casi di motivata necessità). Durante la pratica evitiamo chiacchiere, commenti e qualsiasi atteggiamento che favorisca la confusione o comprometta il clima di concentrazione necessario. Un karateka è sempre attento, ben educato e concentrato, a prescindere da quello che succede intorno.
I praticanti di grado più elevato hanno la responsabilità di essere un esempio per le cinture di livello inferiore. Chi è meno esperto va aiutato con diligenza, umiltà e cordialità. Dobbiamo essere consapevoli e disponibili, rispettare i compagni di grado superiore e accettarne i consigli. Le cinture nere hanno una responsabilità ancora maggiore e devono dare l’esempio due volte: dentro e fuori del dōjō.
Il compito del maestro è insegnare, quello dell’allievo è apprendere. Ascoltiamo attentamente le indicazioni dell’istruttore e impegniamoci, sia mentalmente sia fisicamente, a metterle in pratica. Dobbiamo essere attenti, scrupolosi e perseveranti. Mantenere un atteggiamento rispettoso e disponibile è essenziale per progredire sul sentiero del karate.
Il karate tradizionale è un’arte marziale, e come arte va studiato e rispettato con devozione. Se lo consideriamo solo un semplice esercizio fisico, o un metodo di difesa personale, o uno sport da combattimento non ne comprenderemo l’intima e più profonda essenza e ogni reale progresso ci sarà precluso.
Al termine della lezione lasciamo la sala rapidamente, ordinatamente e senza chiasso. È importante conservare il medesimo atteggiamento anche negli spogliatoi, parlando con un tono di voce moderato e utilizzando un linguaggio rispettoso e appropriato.
Non si può essere bravi nel dōjō senza esserlo anche fuori, nella vita quotidiana. Lasciamoci nutrire dallo spirito del karate, ovunque ci troviamo. Teniamo sempre a mente che le tecniche apprese nel dōjō sono pericolose e possono procurare lesioni molto gravi, pertanto è necessario evitare di mostrarle o divulgarle senza un esplicito consenso dell’istruttore. Per lo stesso motivo, ogni praticante deve adoperare l’intelligenza e la forza d’animo di cui dispone per evitare conflitti e situazioni che possano precipitare in uno scontro fisico.
Statuto del budō
Associazione Giapponese del Budō ♦ Nippon Budō Kyōgikai ♦ 日本武道館
Nippon Budōkan ♦ Tokyo, Japan, 23 aprile 1987
Attraverso l’allenamento fisico e mentale nelle arti marziali giapponesi, i praticanti del budō (arte marziale) cercano di edificare il proprio carattere, migliorare la capacità di giudizio e diventare individui disciplinati in grado di dare un contributo alla società in generale.
Durante l’allenamento i praticanti devono sempre agire con rispetto e cortesia, aderire ai principi fondamentali prescritti dall’arte e resistere alla tentazione di perseguire la mera abilità tecnica invece di ricercare la perfetta unità di mente, corpo e tecnica.
Che si cimentino in una gara di kumite o di kata, i praticanti devono mostrare lo spirito che sta alla base del budō. I budoka sono chiamati a fare del loro meglio in ogni circostanza, vincendo con modestia, accettando la sconfitta con grazia ed esibendo costantemente l’autocontrollo.
Il dōjō è un posto speciale destinato all’allenamento del corpo e della mente. Nel dōjō i praticanti del budō devono mantenere la disciplina e mostrare la cortesia e il rispetto necessari. Il dōjō dovrebbe sempre essere un ambiente tranquillo, pulito, sicuro e solenne.
Gli istruttori devono sempre incoraggiare gli altri al miglioramento di sé e ad allenare diligentemente la mente e il corpo, continuando al contempo a progredire nella comprensione dei principi tecnici del budō. Gli insegnanti non devono permettere che l’attenzione venga posta sulla vittoria o sulla sconfitta nelle competizioni, né sulla mera abilità tecnica. Soprattutto, gli insegnanti hanno la responsabilità di dare l’esempio fornendo agli allievi un modello positivo di comportamento.
Le persone che promuovono il budō, sostenendone i valori tradizionali, sono chiamate a mantenere una mente aperta e una prospettiva internazionale. Devono sforzarsi di contribuire alla ricerca e all’insegnamento facendo del proprio meglio per far progredire il budō in ogni modo possibile.
I cinque petali di ciliegio
人格完成に努むること
Sforzati di perfezionare il carattere
誠の道を守ること
Difendi la via della sincerità
努力の精神を養うこと
Coltiva l’attitudine all’impegno
礼儀を重んずるこ
Onora la gentilezza e la cortesia
血気の勇を戒むること
Guardati da rabbia e impulsività
dichiarazione universale dei diritti umani
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.
Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.
Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona.
Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
Nessun individuo potrà essere sottoposto a torture o a trattamenti o a punizioni crudeli, inumane o degradanti.
Clicca qui per consultare e/o scaricare il testo completo della Dichiarazione universale dei diritti umani sul sito del Senato della Repubblica Italiana.